IR e Tiroide: la coppia inaspettata

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📢Insulino resistenza e tiroide: una coppia inaspettata🦋

Vi aspettiamo stasera per questo incontro informativo organizzato grazie alla collaborazione con il gruppo Insulino-Resistenza e Alimentazione Ipoglicemica .

Ci vediamo domani alle 18:00 su Google meet.

Per partecipare basterà cliccare sul link: https://meet.google.com/tte-bwyh-knw

Durante l’incontro discuteremo i dati del sondaggio riguardante l’associazione tra IR e malattie autoimmuni.


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Segni e sintomi di ipotiroidismo

ipotiroidismo

LINK ALL’ ARTICOLO ORIGINALE  DELLA FONDAZIONE CESARE SERONO

La ghiandola tiroidea svolge un’ampia gamma di funzioni fisiologiche, attraverso una vasta diffusione dei recettori per i suoi ormoni nell’organismo umano. Quando esiste una disfunzione tiroidea ne conseguono significative alterazioni della normale fisiologia, con una patologia e dei sintomi generalmente correlati al grado di disfunzione, e una rapidità d’insorgenza associata anch’essa al grado di disfunzione [1].

L’ipotiroidismo è una sindrome clinica causata da un’insufficiente produzione e azione degli ormoni tiroidei; la ridotta azione di detti ormoni a livello tissutale determina prevalentemente un rallentamento di tutti i processi metabolici e numerose manifestazioni cliniche associate.

Quando si sviluppa durante la vita fetale e neonatale, l’ipotiroidismo determina un arresto importante dei processi accrescitivi e dello sviluppo del sistema nervoso centrale, con grave ritardo mentale. Se l’ipofunzione si determina in età pediatrica ed evolutiva causa ritardi accrescitivi staturali e dello sviluppo puberale, mentre l’ipotiroidismo dell’adulto determina un rallentamento generalizzato dei processi metabolici [2]. In realtà il corredo sintomatologico, nelle varie età, è molto più ampio e complesso.

Eziopatogenesi

La cronica riduzione delle concentrazioni plasmatiche degli ormoni tiroidei può dipendere da varie cause. Riflette una diminuzione della funzione tiroidea e, in una delle più comuni condizioni cliniche osservate in medicina, spesso risulta da una disfunzione primaria della ghiandola, ma, più raramente, può essere il risultato di un difetto lungo l’asse ipotalamo-ipofisario.

Si possono identificare tre forme principali di ipotiroidismo (Tab. 1) [2]:

  1. ipotiroidismo primitivo, che può essere congenito o acquisito e rappresenta circa il 90% dei casi;
  2. ipotiroidismo centrale;
  3. ipotiroidismo da resistenza generalizzata all’azione degli ormoni tiroidei.

Epidemiologia

L’incidenza stimata dell’ipotiroidismo, definita come un’elevata concentrazione sierica dell’ormone tireostimolante (TSH) e una riduzione della tiroxina libera (fT4), varia a seconda della popolazione studiata e della fascia d’età considerata. In generale, nei Paesi occidentali, inclusa l’Italia, è stato stimato che l’incidenza di ipotiroidismo, escluse le cause iatrogene, è di 3 nuovi casi per 1000 donne per anno, mentre negli uomini è di circa 1 caso per 1000 per anno; tale incidenza aumenta di dieci volte se si considerano le forme subcliniche.

Le più frequenti tireopatie hanno un’eziologia autoimmune, mentre l’ipotiroidismo congenito, che nel nostro Paese ha un’incidenza di 1 caso su 3000 nati vivi, rappresenta la più frequente endocrinopatia dell’infanzia [3]. Il solo ipotiroidismo colpisce il 5% della popolazione italiana [4].

Manifestazioni cliniche delle forme acquisite

A differenza delle forme congenite, facilmente e rapidamente riconosciute grazie anche ai programmi di screening neonatale obbligatori, le forme acquisite spesso si manifestano in maniera insidiosa ed equivocabile. Inoltre, accanto a quadri clinici conclamati, esistono casi a sintomatologia più sfumata o addirittura asintomatici (ipotiroidismo subclinico); di seguito ci soffermeremo in maniera dettagliata sulla clinica di questi ultimi.

Dal momento che le manifestazioni cliniche più comuni nell’ipotiroidismo non sono affatto specifiche, la diagnosi formale richiede i dati di laboratorio. Il dosaggio dei livelli di TSH è l’indice più sensibile della funzione tiroidea ed è il metodo più usato per una valutazione di primo livello, eccetto nei rari pazienti con disfunzione ipotalamo-ipofisaria, insieme alla valutazione dell’fT4.

Laboratoristicamente l’ipotiroidismo clinico è definito come un aumento del TSH al di sopra del limite massimo di normalità con concomitanti bassi valori di fT4, ma più comunemente ci si trova davanti a una condizione di ipotiroidismo subclinico, definito da elevati livelli di TSH sierico con livelli di fT4 nel range di riferimento. L’ipotiroidismo subclinico può progredire in ipotiroidismo conclamato, può inoltre essere associato a manifestazioni cliniche che possono beneficiare del trattamento farmacologico [1,2,5].

L’ipotiroidismo è frequentemente causato dalla tiroidite di Hashimoto, una delle più comuni malattie endocrine autoimmuni anche in età pediatrica. I pazienti possono presentare differenti pattern di funzione tiroidea, da un transitorio ipertiroidismo a un franco ipotiroidismo; la maggior parte di essi, tuttavia, è eutiroidea, di conseguenza il decorso clinico è molto variabile. La maggior parte delle manifestazioni nei pazienti con tiroidite origina dalla perdita della funzione tiroidea e conseguente ipotiroidismo primario. Inoltre, si tratta di una patologia associata ad altre malattie autoimmuni, come alopeciavitiligine, malattia celiaca, diabete mellito di tipo 1 e sindromi quali la sindrome di Down. In questi casi le manifestazioni sistemiche possono variare in modo significativo a seconda della funzione tiroidea, della patologia associata e della durata dell’autoimmunità.

Poiché gli ormoni tiroidei rivestono un ruolo fondamentale nella regolazione di tutti i metabolismi e di tutti gli organi, un loro deficit a livello tissutale può coinvolgere tutti gli organi e apparati, e le manifestazioni sono indipendenti dal disordine sottostante, bensì sono funzione del grado di deficit ormonale [5].

Dal punto di vista istopatologico, la caratteristica più saliente dell’ipotiroidismo è l’accumulo di glicosaminoglicani, particolarmente acido ialuronico, che altera la composizione della sostanza fondamentale del derma e degli altri tessuti e provoca ritenzione idrica; ciò si traduce in edema mucinoso, ispessimento cutaneo e mixedema di zona perioculare, dorso dei piedi e delle mani e delle regioni sopraclaveari, macroglossia e ispessimento della mucosa faringea e laringea [5]. La cute assume un aspetto ispessito, è fredda e pallida, aumentano la sensibilità al freddo e la tendenza alle ecchimosi, per presenza di contemporanea ipercheratosi da ridotto catabolismo, vasocostrizione cutanea, fragilità capillare e riduzione delle ghiandole sudoripare e sebacee. Per il progressivo accumulo di glicosaminoglicani nei tessuti molli, in particolare nel volto, si può arrivare ad alterazione dei tratti somatici, alterazione della struttura del capello e sviluppo della sindrome del tunnel carpale [1].

Tali alterazioni sono individuabili anche in altri organi e apparati, primo fra tutti il muscolo cardiaco e la muscolatura striata. Oltre a ciò, a carico dell’apparato cardiovascolare si assiste a una perdita degli effetti ionotropo e cronotropo degli ormoni tiroidei, un prolungamento del tempo di circolo e un aumento delle resistenze periferiche tradotti in riduzione della gittata cardiaca e della frequenza cardiaca, riduzione del flusso ematico nei tessuti e della circolazione cutanea e vasocostrizione [5].

Per quanto riguarda la muscolatura striata dell’organismo, viene a mancare l’effetto positivo sulla contrattilità e sul trofismo promossi da fT3 e fT4, che insieme all’accumulo dei glicosaminoglicani porta a un ritardo nella contrazione e rilassamento muscolare, riduzione della massa muscolare per mixedema interstiziale con separazione delle fibre muscolari da depositi mucinosi, rigidità e dolori muscolari, lentezza nei movimenti e mioclono. L’elettromiografia può risultare normale o mostrare iperirritabilità e potenziali d’azione polifasici [5].

A tutto ciò si aggiungono un progressivo declino della funzione renale, iperlipemia, iponatriemia e anemia normocromica/normocitica, in quanto altre azioni ormonali importanti sulla muscolatura liscia sono l’aumento della motilità intestinale e l’aumento dell’assorbimento della vitamina B12 e del ferro. A livello renale si osservano l’attivazione della sintesi di eritropoietina, l’aumento del flusso renale e della filtrazione glomerulare; normale risposta ventilatoria polmonare a ipossia e ipercapnia [5].

Importanti, anche se ancora più aspecifici, sono i segni a carico del sistema nervoso centrale e periferico: un progressivo grado di riduzione del flusso ematico cerebrale e di ipossia portano al successivo rallentamento delle funzioni intellettive, rallentamento dell’eloquio e del pensiero, difetti di memoria, letargia e sonnolenza, disordini psichiatrici di tipo paranoide e depressivo [5].

Infine, per quanto riguarda l’apparato riproduttivo, venendo a mancare la loro importante azione promuovente il ritmo secretivo dell’ormone luteinizzante (LH), il deficit della frequenza e ampiezza dei pulses secretivi porta a una depressione della funzione ipofisaria; il metabolismo degli androgeni e degli estrogeni è alterato. Negli uomini la secrezione del testosterone è diminuita, nelle donne si assiste a fallimento dell’ovulazione con irregolarità mestruali. In entrambi i sessi si rileva diminuzione della libido [5].

Dolori di tipo reumatico e sintomi muscoloscheletrici, quali fatica cronica, disfunzione muscolare, facile stancabilità con ridotta capacità all’esercizio fisico, rigidità o crampi, sono comuni manifestazioni nei pazienti in età adulta e accompagnano un grave ipotiroidismo di lunga data, ma possono far parte anche del quadro clinico di pazienti pediatrici, sebbene raramente, così come un aumento di enzimi muscolari quali CPK (Creatin Fosfochinasi). Si osservano inoltre aumento ponderale, bradicardia, dispneaintolleranza al freddo, rallentamento dei riflessi, costipazione, depressione e irregolarità mestruali [1,6].

Un piccolo versamento pericardico è un’evenienza non rara, ma un moderato/massivo versamento con sintomi è poco frequente ed è in genere associato a una grave forma di malattia con mixedema. Il versamento pericardico nell’ipotiroidismo è considerato come parte di una polisieropatia generalizzata di natura essudativa e il meccanismo patogenetico alla base comprende stravaso di albumina e inadeguato drenaggio linfatico con accumulo di fluidi nelle cavità sierose. Il quadro comprende ipertensione diastolica, cardiomegalia ed edemi periferici [7]. Nei casi più severi si può riscontrare versamento pleurico e pericardico massivi o addirittura rabdomiolisi. Infine, sebbene molto raro, il coma mixedematoso rappresenta un’emergenza di un grave ipotiroidismo non trattato [1].

Per quanto riguarda l’età pediatrica,la complessa presentazione clinica con tempistiche varie e variabili, e i frequenti quadri di ipotiroidismo subclinico possono causare difficoltà diagnostiche soprattutto nei bambini e negli adolescenti. Il rallentamento e ritardo dell’accrescimento staturale e l’arresto della pubertà, per i meccanismi fisiopatologici già citati, sono importanti segni da tenere in considerazione in queste età, come pure la presenza di tutte le manifestazioni organiche descritte, a volte complicate e difficili da inquadrare; in entrambi i casi si dovrebbe sempre considerare la disfunzione tiroidea nella diagnosi differenziale [6].

Gli ormoni tiroidei sono essenziali per la crescita e la maturazione dello scheletro, soprattutto prima della pubertà; essi stimolano l’ossificazione endocondrale, la maturazione dei centri epifisari e l’attività dei condrociti nella cartilagine della lamina di accrescimento, hanno azione sulla matrice proteica e sulla mineralizzazione dell’osso, gli effetti sulla crescita lineare sono in buona parte mediati dalla loro azione sulla secrezione di ormone della crescita (GH) e di IGF-1 (Insulin Growth Factor-1). Il fallimento del processo di allungamento dell’osso è dovuto, quindi, sia alla diminuita sintesi proteica sia alla riduzione del GH e soprattutto dell’IGF-1 [5].

Anche nei soggetti in via di sviluppo è possibile un coinvolgimento cardiaco con versamento pericardico, soprattutto nei bambini con patologie associate, come la sindrome di Down, il cui quadro clinico comprende patologie malformative cardiache. In alcuni casi il versamento pericardico, sebbene significativo, non è accompagnato da segni clinici significativi e a volte è diagnosticato accidentalmente, durante l’esecuzione di radiografie per altre ragioni. Nei casi in cui si evidenzia fluido nello spazio pericardico e si diagnostica pericardite di origine sconosciuta, lo studio della funzione tiroidea deve essere sempre considerato [8].

Tabella 1. Classificazione eziopatogenetica dell’ipotiroidismo

IPOTIROIDISMO PRIMITIVO IPOTIROIDISMO CENTRALE RESISTENZA AGLI ORMONI TIROIDEI
CONGENITO
1. Da ridotta massa tiroidea
– Agenesia
– Disgenesia
– Ectopia
2. Da ridotta funzione
– Difetti dell’organogenesi
– Carenza iodica
– Passaggio transplacentare di farmaci o anticorpi
– Resistenza del recettore del TSHACQUISITO
1. Processi autoimmuni
– Tiroidite di Hashimoto
– Tiroidite atrofica
– Evoluzione della malattia di Basedow
2. Processi infiammatori o degenerativi
– Tiroidite di De Quervain
– Tiroidite di Riedel
3. Cause iatrogene e alimentari
– Tiroidectomia
– Terapia con radioiodio
– Farmaci (litio ecc.)
– Carenza iodica
– Gozzigeni naturali
SECONDARIO
– Deficit isolato di TSH
– Panipopituitarismo
– Resistenza del recettore per il TSHTERZIARIO
– Ridotta attività biologica del TSH
– Lesioni ipotalamiche
– Lesioni del peduncolo ipofisario
– Deficit del TRH
FORMA GENERALIZZATA
– Resistenza generalizzata agli ormoni tiroidei (GRTH)
– Sindrome di Refetoff

Dott.ssa Maria Laura Iezzi  – UO Pediatria, Ospedale Civile San Salvatore, L’Aquila; Responsabile del Servizio di Endocrinologia Pediatrica e Adolescentologia

Bibliografia

  1. Matthew T. Drake. Hypothyroidism in clinical practice. Mayo Clin Proc 2018; 93(9):1169-72.
  2. Faglia G, Beck-Peccoz P, Spada A. Malattie del sistema endocrino e del metabolismo. McGraw-Hill cap 3, p. 105.
  3. Olivieri A, De Angelis S. Tireopatie dell’età evolutiva e dell’adulto. Not Ist Super Sanità 2004;17(1).
  4. Vita R, Saraceno G. A novel formulation of L-thyroxine (L-T4) reduces the problem of L-T4 malabsorption by coffee observed with traditional tablet formulations. Endocrine 2013;43(1):154-60.
  5. Bringhurst F, Demay M, Kronenberg H. Hormones and disorders of mineral metabolism In: Kronenberg HM, Melmed S, Polonsky K, Larsen PR (eds). William Textbook of Endocrinology, 11th edition. Saunders Elsevier, 2008.
  6.  Ersoy B, Seniha KY, Kızılay D, et al. Diagnostic difficulties by the unusual presentations in children and adolescents with Hashimoto thyroiditis. Ann Pediatr Endocrinol Metab 2016;21:164-8.
  7. Purkait R, Prasad A, Bhadra R, et al. Massive pericardial effusion as the only manifestation of primary hypothyroidism. J Cardiovasc Dis Res 2013;4(4):248-50.
  8. Leonardi A, Penta L, M Cofini, et al. Pericardial effusion as a presenting symptom of Hashimoto thyroiditis: a case report. Int J Environ Res Public Health 2017;14:1576.

 

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Nell’ipotiroidismo subclinico va curata la persona e non l’alterazione di laboratorio

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La gestione dell’ipotiroidismo subclinico è tuttora dibattuta. Un gruppo di esperti ha eseguito una revisione della letteratura scientifica pubblicata sull’argomento e ha valutato i parametri ai quali fare riferimento per decidere la cura. È importante che tale decisione non si basi solo su dati di laboratorio.

Sawka e colleghi, nell’impostare il loro studio, sono partiti dalla seguente indicazione riportata in Linee Guida pubblicate di recente: “si raccomanda fortemente di non somministrare un trattamento ormonale negli adulti con ipotiroidismo subclinico.” Nello stesso documento si aggiungeva che questa raccomandazione non era valida per le femmine che desiderino un concepimento, per le persone con valori di TSH superiori a mIU/L, per chi ha sintomi gravi o per gli adulti più giovani. Allo scopo di verificare la congruità di queste indicazioni, Sawka e colleghi, facendo riferimento ad alcune metanalisi sul trattamento dell’ipotiroidismo subclinico, hanno estrapolato le concentrazioni di TSH nel sangue rilevate, prima di somministrare eventuali trattamenti, nei singoli studi, anche in base ai risultati clinici raccolti in ciascuna ricerca. Inoltre, hanno valutato l’importanza di altri fattori concomitanti, clinici e di altro tipo, come, ad esempio, l’entità dell’aumento del TSH prima della cura, la presenza di lievi incrementi del TSH negli anziani, la gravità dei sintomi e il livello della qualità di vita, le priorità e le preferenze dei malati, secondo quanto riportato in ciascun articolo. Dalle analisi sopra descritte è emerso che i valori di TSH precedenti alla cura variavano, nel complesso, da 6.4 a 7.3 mIU/L con il valore più alto degli intervalli di confidenza al 95% compreso fra 6.9 e 8.8. Riguardo a tali dati, un aspetto importante è che c’era una significativa eterogeneità in tutte le metanalisi considerate. Nell’insieme, si è osservato un incremento relativamente lieve del TSH, con valori inferiori o uguali a 10 mIU/L, nei soggetti arruolati negli studi, con il limite costituito da un’eterogeneità statisticamente significativa (p<0.05). Sulla base di quanto emerso dalla loro analisi, Sawka e colleghi hanno affermato che concordano con quanto proposto da Feller e colleghi e cioè che non è appropriato gestire tutte le persone con ipotiroidismo subclinico che hanno valori di TSH superiori o uguali a 10 mIU/L, basandosi sulle evidenze raccolte in alcune ricerche cliniche eseguite su casistiche molto eterogenee. Diretta conseguenza di questa considerazione è che, se è vero che non è necessario trattare con la levotiroxina tutti gli adulti con aumenti lievi del TSH e con non hanno sintomi, salvo le femmine che desiderino un concepimento o che siano gravide, è altrettanto vero che non è corretto raccomandare con decisione di non somministrare la levotiroxina nelle persone con valori di TSH superiori o uguali a 10 mIU/L.

Nelle conclusioni Sawka e colleghi sottolineano un aspetto importante: che vanno curate le persone con ipotiroidismo subclinico e non semplicemente le loro alterazioni di laboratorio. Ciò vuole dire che, nel valutare le diverse soluzioni, si devono tenere in considerazione fattori importanti come: sintomi, malattie associate, problemi di fattibilità e di sicurezza, sia del trattamento che del non trattamento, e priorità e preferenze della singola persona.

Tommaso Sacco

Link all’articolo originale : https://www.fondazioneserono.org/tiroide/ultime-notizie-tiroide/nellipotiroidismo-subclinico-va-curata-persona-lalterazione-laboratorio/

Fonte: Patient context and TSH levels are important when considering treatment of subclinical hypothyroidism. Thyroid. 2019 Sep 6   

TIROIDITE DI HASHIMOTO E ALIMENTAZIONE

hashimoto e alimentazione
Articolo a cura del Dott. Lorenzo Traversetti Biologo Nutrizionista

La Tiroidite Cronica Autoimmune (o tiroidite di Hashimoto dal nome del Dr. Hashimoto Hakaru che per primo la descrisse nel 1912) rappresenta una delle più comuni e frequenti patologie tiroidee oltre ad essere, a livello mondiale, la prima causa di ipotiroidismo primario [1]. Si tratta di una condizione patologica che mostra una incidenza maggiore negli individui di sesso femminile di età compresa tra i 30 e i 60 anni (5-15% della popolazione di sesso femminile contro l’1-5% di quella maschile). Studi pregressi hanno evidenziato come questa patologia sia principalmente legata all’abuso di iodio prevalentemente derivante da un’alimentazione non bilanciata in quanto popolazioni storicamente poco abituate ad assumere alimenti ricchi in questo oligoelemento, in conseguenza di un cambiamento sostanziale nelle loro abitudini alimentari legato anche ad un aumento del dosaggio settimanale di quest’ultimo avvenuto nel passato, stanno mostrando un notevole incremento nell’incidenza della malattia [2].

Alla base della patologia vi è un processo infiammatorio autoimmune che porta alla distruzione dei follicoli ad opera dei linfociti B e T. Tra i sintomi che possono rappresentare un campanello d’allarme utile a promuovere ulteriori indagini ed approfondimenti, rientrano sicuramente: crescente ansia e depressione, ipercolesterolemia, sensibilità molto elevata verso il freddo e, all’opposto, sudorazione molto ridotta. Tra essi ne spicca poi uno in particolare che, inevitabilmente, attira la maggiore attenzione di un nutrizionista: questa patologia può infatti essere responsabile di un sostanziale rallentamento del tasso metabolico tale da causare la tendenza all’abuso di cibi grassi o eccessivamente ricchi in zuccheri, con conseguente aumento del peso [3].

La principale strategia da seguire per fronteggiare questa malattia deve essere ovviamente farmacologica e deve prevedere l’uso della molecola levotiroxina [4]. Esistono molti falsi miti che vogliono l’alimentazione, nonché l’assunzione di alcuni specifici alimenti, come uno strumento utile a curare da questo disturbo. In realtà la corretta assunzione di alcuni cibi, nelle corrette quantità, può rappresentare un valido alleato nel ridurre le sintomatologie connesse con questa problematica fino a portare, nel migliore dei casi, in sinergia con la terapia farmacologica, a far scompare gli effetti quasi del tutto. Il primo alleato nutrizionale è il selenio, un microelemento presente in bassissime concentrazione in alcuni alimenti che abitualmente adornano le nostre tavole (Tabella 1) [5]. Questo microelemento può contribuire ad una riduzione dell’infiammazione derivante da questa patologia, contribuendo ad aumentare l’efficacia della terapia farmacologica e a ridurre le sintomatologie descritte in precedenza. Ovviamente il giusto apporto di selenio deve derivare da un’alimentazione bilanciata, povera di cibi grassi è calorici e ricca di prodotti integrali contenenti antiossidanti [6, 7]. Questi ultimi infatti giocano un ruolo chiave nella riduzione di tutte quelle fenomenologie infiammatorie connesse con questa patologia. A tal riguardo risulta importante incrementare l’uso di cibi ricchi di acidi grassi omega 3 quali la frutta secca, l’olio o i semi di lino e, soprattutto, il pesce azzurro (tonno, sardine, aringhe, sgombri… ) i quali intervengono mediante una potente attività antinfiammatoria. In aggiunta, le vitamine del gruppo A, C ed E, naturali antiossidanti, consentono di contrastare l’accumulo di radicali liberi. Dunque via libera agli agrumi in generale, carote, frutta secca, kiwi, spezie quali salvia e rosmarino, peperoni, pomodori, zucca, olio extra vergine d’oliva, curcuma e zenzero. Va inoltre sottolineato come alcuni alimenti possano giocare un ruolo opposto, inibendo l’ormone tiroideo prodotto o fornito dalla terapia farmacologica e compromettendo il suo ottimale assorbimento. Tra di essi rientrano il caffè, la soia e il succo o la spremuta di pompelmo ma anche l’eccesso di assunzione di crusca e fibre alimentari. In tutti questi casi, si consiglia l’assunzione di questi prodotti a distanza di non meno di 3 ore dall’assunzione del farmaco [6].

In conclusione permettetemi di sottolineare un altro aspetto chiave che considero sinergico alla corretta alimentazione non solo nei casi di pazienti affetti da tiroidite di Hashimoto. Nello specifico della patologia oggetto di questo articolo, la giusta abitudine di praticare della costante attività fisica risulta fondamentale per garantire una necessaria accelerazione metabolica conseguente al rallentamento causato dalla malattia.

Alimenti contenenti selenio mcg x 100g
Tonno fresco 112
Carne di cavallo 58.6
Polpo 56.6
Fette biscottate integrali 51.2
Pane integrale 42.3
Fegato 42
Bresaola 36.9
Sogliola 36
Orata 36
Amaranto (cereale) 18.7
Coniglio 17
Merluzzo (anche surgelato) 16.5
Fagioli (anche secchi) 16
Carne di maiale 14
Parmigiano 12
Riso brillato 10
Pollo 10
Quinoa 8.5
Pistacchi 8
Funghi champignon 7.5
Uovo di gallina 6
Prosciutto crudo 5.6
Lenticchie secche 4
Noci 3.1
Pomodori 2.3
Nocciole 2
Mandorle 1.5

Tabella 1. Elenco di prodotti alimentari contenenti concentrazioni rilevanti di selenio, dunque utili per quei soggetti affetti da tiroidite di Hashimoto

 

Bibliografia

[1] Pepe, M., & Di Gregorio, A. (1997). Le tiroiditi. Collana Caleidoscopio, (116).

[2] Trimarchi, F., & Benvenga, S. (2002). Farmaci che interferiscono con la funzione tiroidea. L’Endocrinologo, 3(2), 117-134.

[3] Benvenga, S., Barresi, G., Mazzeo, R. S., Turiano, S., Micali, B., Arrigo, F., & Trimarchi, F. (1983). Tiroidite di Hashimoto manifestatasi clinicament. e dopo stabile remissione di linfoma linfocitico diffuso. Min. Endocrinol, 8, 45.

[4] Fiorini, M. L. I. (2001). Linee guida per le malattie della tiroide.

[5] Nacamulli, D., Mian, C., Petricca, D., Lazzarotto, F., Barollo, S., Pozza, D., … & Mantero, F. (2010). Influence of physiological dietary selenium supplementation on the natural course of autoimmune thyroiditis. Clinical endocrinology, 73(4), 535-539.

[6] Show, C. (2003). Hashimoto’s thyroiditis.

[7] Burek, C. L., & Rose, N. R. (2008). Autoimmune thyroiditis and ROS. Autoimmunity reviews, 7(7), 530-537.

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DOTT. LORENZO TRAVERSETTI BIOLOGO NUTRIZIONISTA

Dottore di ricerca in Biologia con formazione specifica nell’indirizzo della Biologia della Nutrizione. Maggiori informazioni sul SITO PERSONALE

1 ANNO CON L’ASSOCIAZIONE TIROIDEE

 

13260017_1026490180721659_5562701037484567527_n   Oggi 25 Maggio 2016 si festeggia la Giornata Mondiale della Tiroide e la nostra associazione compie 1 anno! Ringraziamo tutti quelli che abbiamo incontrato in questi mesi, gli associati, gli amici,  i volontari e i sostenitori.

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Progetto Aviva Foto1

Le principali finalità di Tiroidee sono:

-Favorire l’adozione di uno stile di vita sano e tempestivi consulti con gli specialisti sanitari, al fine di limitare il disagio sociale, psicologico e fisico con cure appropriate e personalizzate.

– Sensibilizzare la comunità verso un approccio olistico alla malattia (collaborazione tra pazienti, professionisti sanitari e altre figure professionali) e unire punti di vista differenti  che tengano conto dell’unità tra mente e corpo.

-Incoraggiare lo sviluppo e la crescita della persona e della comunità, favorendone l’integrazione all’interno dei diversi contesti di appartenenza e stimolando la creazione di una rete sociale e professionale improntata alla solidarietà e l’auto-aiuto.

-Favorire la riduzione  delle spese mediche a carico del SSN grazie ad un intervento psicologico mirato a implementare l’aderenza alla terapia medica, a migliorare la compliance con lo specialista e a potenziare l’empowerment del paziente.

ASSOCIAZIONE TIROIDEE-BENESSERE PSICOLOGICO E INFORMAZIONE

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