
La Tiroidite Cronica Autoimmune (o tiroidite di Hashimoto dal nome del Dr. Hashimoto Hakaru che per primo la descrisse nel 1912) rappresenta una delle più comuni e frequenti patologie tiroidee oltre ad essere, a livello mondiale, la prima causa di ipotiroidismo primario [1]. Si tratta di una condizione patologica che mostra una incidenza maggiore negli individui di sesso femminile di età compresa tra i 30 e i 60 anni (5-15% della popolazione di sesso femminile contro l’1-5% di quella maschile). Studi pregressi hanno evidenziato come questa patologia sia principalmente legata all’abuso di iodio prevalentemente derivante da un’alimentazione non bilanciata in quanto popolazioni storicamente poco abituate ad assumere alimenti ricchi in questo oligoelemento, in conseguenza di un cambiamento sostanziale nelle loro abitudini alimentari legato anche ad un aumento del dosaggio settimanale di quest’ultimo avvenuto nel passato, stanno mostrando un notevole incremento nell’incidenza della malattia [2].
Alla base della patologia vi è un processo infiammatorio autoimmune che porta alla distruzione dei follicoli ad opera dei linfociti B e T. Tra i sintomi che possono rappresentare un campanello d’allarme utile a promuovere ulteriori indagini ed approfondimenti, rientrano sicuramente: crescente ansia e depressione, ipercolesterolemia, sensibilità molto elevata verso il freddo e, all’opposto, sudorazione molto ridotta. Tra essi ne spicca poi uno in particolare che, inevitabilmente, attira la maggiore attenzione di un nutrizionista: questa patologia può infatti essere responsabile di un sostanziale rallentamento del tasso metabolico tale da causare la tendenza all’abuso di cibi grassi o eccessivamente ricchi in zuccheri, con conseguente aumento del peso [3].
La principale strategia da seguire per fronteggiare questa malattia deve essere ovviamente farmacologica e deve prevedere l’uso della molecola levotiroxina [4]. Esistono molti falsi miti che vogliono l’alimentazione, nonché l’assunzione di alcuni specifici alimenti, come uno strumento utile a curare da questo disturbo. In realtà la corretta assunzione di alcuni cibi, nelle corrette quantità, può rappresentare un valido alleato nel ridurre le sintomatologie connesse con questa problematica fino a portare, nel migliore dei casi, in sinergia con la terapia farmacologica, a far scompare gli effetti quasi del tutto. Il primo alleato nutrizionale è il selenio, un microelemento presente in bassissime concentrazione in alcuni alimenti che abitualmente adornano le nostre tavole (Tabella 1) [5]. Questo microelemento può contribuire ad una riduzione dell’infiammazione derivante da questa patologia, contribuendo ad aumentare l’efficacia della terapia farmacologica e a ridurre le sintomatologie descritte in precedenza. Ovviamente il giusto apporto di selenio deve derivare da un’alimentazione bilanciata, povera di cibi grassi è calorici e ricca di prodotti integrali contenenti antiossidanti [6, 7]. Questi ultimi infatti giocano un ruolo chiave nella riduzione di tutte quelle fenomenologie infiammatorie connesse con questa patologia. A tal riguardo risulta importante incrementare l’uso di cibi ricchi di acidi grassi omega 3 quali la frutta secca, l’olio o i semi di lino e, soprattutto, il pesce azzurro (tonno, sardine, aringhe, sgombri… ) i quali intervengono mediante una potente attività antinfiammatoria. In aggiunta, le vitamine del gruppo A, C ed E, naturali antiossidanti, consentono di contrastare l’accumulo di radicali liberi. Dunque via libera agli agrumi in generale, carote, frutta secca, kiwi, spezie quali salvia e rosmarino, peperoni, pomodori, zucca, olio extra vergine d’oliva, curcuma e zenzero. Va inoltre sottolineato come alcuni alimenti possano giocare un ruolo opposto, inibendo l’ormone tiroideo prodotto o fornito dalla terapia farmacologica e compromettendo il suo ottimale assorbimento. Tra di essi rientrano il caffè, la soia e il succo o la spremuta di pompelmo ma anche l’eccesso di assunzione di crusca e fibre alimentari. In tutti questi casi, si consiglia l’assunzione di questi prodotti a distanza di non meno di 3 ore dall’assunzione del farmaco [6].
In conclusione permettetemi di sottolineare un altro aspetto chiave che considero sinergico alla corretta alimentazione non solo nei casi di pazienti affetti da tiroidite di Hashimoto. Nello specifico della patologia oggetto di questo articolo, la giusta abitudine di praticare della costante attività fisica risulta fondamentale per garantire una necessaria accelerazione metabolica conseguente al rallentamento causato dalla malattia.
Alimenti contenenti selenio | mcg x 100g |
Tonno fresco | 112 |
Carne di cavallo | 58.6 |
Polpo | 56.6 |
Fette biscottate integrali | 51.2 |
Pane integrale | 42.3 |
Fegato | 42 |
Bresaola | 36.9 |
Sogliola | 36 |
Orata | 36 |
Amaranto (cereale) | 18.7 |
Coniglio | 17 |
Merluzzo (anche surgelato) | 16.5 |
Fagioli (anche secchi) | 16 |
Carne di maiale | 14 |
Parmigiano | 12 |
Riso brillato | 10 |
Pollo | 10 |
Quinoa | 8.5 |
Pistacchi | 8 |
Funghi champignon | 7.5 |
Uovo di gallina | 6 |
Prosciutto crudo | 5.6 |
Lenticchie secche | 4 |
Noci | 3.1 |
Pomodori | 2.3 |
Nocciole | 2 |
Mandorle | 1.5 |
Tabella 1. Elenco di prodotti alimentari contenenti concentrazioni rilevanti di selenio, dunque utili per quei soggetti affetti da tiroidite di Hashimoto
Bibliografia
[1] Pepe, M., & Di Gregorio, A. (1997). Le tiroiditi. Collana Caleidoscopio, (116).
[2] Trimarchi, F., & Benvenga, S. (2002). Farmaci che interferiscono con la funzione tiroidea. L’Endocrinologo, 3(2), 117-134.
[3] Benvenga, S., Barresi, G., Mazzeo, R. S., Turiano, S., Micali, B., Arrigo, F., & Trimarchi, F. (1983). Tiroidite di Hashimoto manifestatasi clinicament. e dopo stabile remissione di linfoma linfocitico diffuso. Min. Endocrinol, 8, 45.
[4] Fiorini, M. L. I. (2001). Linee guida per le malattie della tiroide.
[5] Nacamulli, D., Mian, C., Petricca, D., Lazzarotto, F., Barollo, S., Pozza, D., … & Mantero, F. (2010). Influence of physiological dietary selenium supplementation on the natural course of autoimmune thyroiditis. Clinical endocrinology, 73(4), 535-539.
[6] Show, C. (2003). Hashimoto’s thyroiditis.
[7] Burek, C. L., & Rose, N. R. (2008). Autoimmune thyroiditis and ROS. Autoimmunity reviews, 7(7), 530-537.
Riguardo l’autore
DOTT. LORENZO TRAVERSETTI BIOLOGO NUTRIZIONISTA
Dottore di ricerca in Biologia con formazione specifica nell’indirizzo della Biologia della Nutrizione. Maggiori informazioni sul SITO PERSONALE